Una voce fuoricampo maschile, tranquilla e rassicurante pone delle domande. Sullo schermo una ragazza nuda seduta su una sedia in una posa decisamente anormale.La macchina da presa zooma sul viso immobile e cereo della ragazza. Una mosca cammina sulla guancia. Poi sulla palpebra e infine sull’occhio aperto della ragazza, senza provocare alcuna contrazione di difesa.
“Sai dove ti trovi?”.
“Sono in un sogno”.
“Esatto, Dolores, sei in un sogno. Vorresti svegliarti da questo sogno?”.
“Sì, sono terrorizzata…”.
“Non c’è da aver paura, Dolores, fintanto che risponderai correttamente alle mie domande. Mi sono spiegato?”.
“Sì”.
“Bene. La prima: Hai mai messo in dubbio la natura della tua realtà?”.
“No”.
Già solo il primo minuto di Westworld (sigla iniziale inclusa) la dice lunga su dove andrà a parare la nuova serie tv evento 2016/2017 messa in onda dalla HBO, diretta da Jonathan Nolan (sì, proprio il fratello di Christopher Nolan, quello di “Inception” e “Interstellar”, tanto per citare due dei più riusciti film di fantascienza degli ultimi anni!) e tra i cui produttori esecutivi compare il mitico J.J. Abrams (occorre parlare di lui? Davvero? Beh, se siete stati rinchiusi sotto terra in un bunker atomico senza tv negli ultimi 15 anni, basta dire che è la mente che sta dietro le più godibili serie tv degli ultimi anni, tra cui spiccano Alias, Lost e Fringe, oltre all’episodio VII di Star Wars, mica roba da poco eh?). Bene, dicevo che basta il primo minuto della prima puntata per farsi un’idea del taglio, della cura nei dettagli, della meticolosità con cui sono scritti i dialoghi e pesate le parole… Insomma del fatto che è un prodotto che ha una marcia in più rispetto a tutto ciò a cui siamo abituati.
La storia si sviluppa a partire dall’omonimo film scritto e diretto da Michael Crichton nel 1973: in un mondo futuro (in realtà la storia è ambientata nell’anno 2000… Che tenerezza!) gli umani pagano per fare esperienze in un enorme e sconfinato “parco a tema” popolato da androidi del tutto identici ad esseri umani in carne e ossa. Il tema del parco è la frontiera americana, il selvaggio West (da qui il titolo), e i turisti possono fare tutto ciò che vogliono in questo mondo “virtuale”, assecondando le proprie più segrete pulsioni. Un team di scrittori crea delle narrazioni in cui i turisti possono essere coinvolti per poter rendere l’esperienza ancora più reale e verosimile: dalla caccia al bandito, all’assalto al treno, dalla visita al bordello, al bivacco nella prateria con tanto di coyote che ululano in sottofondo. In questo mondo perfetto, seguiamo le vicende di alcuni ospiti (i visitatori) e di alcuni residenti (gli androidi) con la consapevolezza che qualcosa di più grande sta per accadere, qualcosa che legherà insieme tutte le storie in un’unica grande narrazione che contribuirà a dare un senso alle micro-narrazioni.
Ciò che rende Westworld un prodotto davvero pregevole, oltre all’ottima regia e agli attori davvero eccellenti (sopra tutti, manco a dirlo, i due “grandi vecchi” Ed Harris e Anthony Hopkins), è lo spessore delle idee che animano le narrazioni. Come spettatori abbiamo a che fare con idee molto complesse e domande fondamentali che tormentano l’umanità da sempre: chi siamo veramente? Dove inizia la coscienza? E’ possibile essere veramente liberi? Che rapporto ha l’uomo con il suo creatore? Esseri umani e androidi si pongono le stesse domande, creando giochi di specchi in cui anche lo spettatore è coinvolto. Se infatti una buona parte delle riflessioni verte sulla moralità delle azioni dell’uomo lasciato libero di dare sfogo alle proprie pulsioni (nel parco ci si va prevalentemente per fare sesso e ammazzare gente senza che queste due azioni possano avere conseguenze…), un’altra grossa parte, forse la più interessante, mette in campo il tema della nascita della coscienza e del libero arbitrio, oltre al tema sempre intrigante della realtà dietro la realtà.
I piani narrativi sono davvero tanti: oltre a quello che succede nel mondo “finto”, c’è quello che accade nel mondo “vero” (ma lo sarà poi davvero?) e poi c’è quello che accade a noi spettatori che osserviamo dall’esterno le storie (che sono scritte in fin dei conti proprio per noi!). Esiste poi un ulteriore livello che porta la storia fuori dallo schermo: un mondo di siti, blog e forum in cui persone reali commentano, cercano risposte e anticipazioni sulla trama dei prossimi episodi, stuzzicati dai produttori/registi che seminano per la rete indizi e codici da decifrare per avere informazioni (se non ci credete, guardate qui e qui!). Insomma è una storia dentro un storia dentro un storia… Un gioco davvero stimolate, che regala agli spettatori una profondità a cui spesso non sono abituati… Un consiglio, però: è un prodotto da gustare con la dovuta calma, e con qualcuno accanto a cui poter dire “Ma tu ci hai capito qualcosa? No perché secondo me…”. Buona visione!