“La risposta viene inevitabilmente data da una persona diversa da quella che ha ricevuto la domanda, e viene data a una persona che è cambiata rispetto a com’era quando l’aveva posta. E’ impossibile sapere quanto profondo sia stato il cambiamento”.
Franz Rosenzweig
Siamo abituati a pensare al cambiamento come a qualcosa di magico (o tragico), di importante e di irreversibile, di incredibilmente complesso e legittimamente faticoso. Se poi il cambiamento deve riguardare noi stessi, allora le cose si complicano ancora di più…
Con l’evoluzione della tecnologia a nostra disposizione, ci siamo abituati sempre più a modificare il nostro ambiente, rendendolo sempre più consono a soddisfare le nostre richieste e i nostri bisogni. L’impulso tecnologico estende il nostro controllo sul mondo in modi sempre nuovi e rivoluzionari, permettendoci di piegare l’esterno in favore del nostro interno. Questo tipo di cambiamento può essere sì faticoso, ma è anche il primo che ci viene in mente quando ci troviamo di fronte a un qualsiasi problema: dal dover cambiare auto al trovare un accordo su dove andare in vacanza con la famiglia… E’ sempre qualcosa di esterno a dover cambiare per primo. Pretendiamo che sia il partner a cambiare le sue abitudini di vita per renderle più compatibili con le nostre, sono i nostri figli a doversi adattare al nostro lavoro, è il cliente a dover capire quanto è difficile il nostro compito… Se così non è, abbiamo l’impressione di aver perso una sfida e ci sentiamo calpestati, temiamo di divenire troppo accondiscendenti e di trascurare i nostri interessi. Qualche volta iniziamo a guardare gli altri di traverso, come se fossero loro i veri responsabili del nostro malessere e della nostra frustrazione.
Mi ritrovo spesso a pensare che sia così semplice e automatica l’idea di cercare di cambiare il “fuori”, che la capacità di pensare di poter cambiare il “dentro” si sia come atrofizzata. Non solo, siamo anche arrivati a guardare a questi cambiamenti “interni” come a qualcosa di deplorevole, poiché minano un sacro senso di coerenza. Il cambiare idea, proprio come il commettere errori, è qualcosa di assolutamente intollerabile.
A pensarci bene, però, ciò che chiamiamo “dentro” cambia in continuazione e nemmeno ce ne rendiamo conto… Siamo immersi in un flusso continuo e costante di cambiamenti proprio perché soggetti all’inevitabile scorrere del tempo. Non ci possiamo bagnare due volte nello stesso fiume, come sosteneva il filosofo greco Eraclito, proprio come non possiamo definirci uguali a noi stessi a un giorno di distanza (nemmeno a un minuto di distanza, se è per questo!). Così, per tornare alla citazione iniziale, quando diamo una risposta non siamo più quelli che hanno ascoltato la domanda poiché nel frattempo siamo cambiati, la domanda stessa ha cambiato il nostro modo di essere (basta pensare alle domande scomode, a quelle imbarazzanti o a quelle che ci fanno arrabbiare…).
Certo sarebbe ben complicato pensare a noi stessi come esseri in continua trasformazione, abbiamo bisogno di stabilità e punti fermi che facciano da contrappeso al mondo che si trasforma (ecco che torna il mito della coerenza a tutti costi!). Del resto forse è anche questo bisogno di ancore a renderci così refrattari all’idea del cambiamento… Solo gli audaci osano sfidare la coerenza e mettono in discussione il loro mondo interno, spesso lo fanno perché il mondo di fuori non è più modificabile in alcun modo o perché, alla fine, hanno semplicemente deciso di raccogliere la sfida. Mi rendo conto ora che di queste persone ne conosco un bel po’, e che la stragrande maggioranza di loro l’ho incontrata in terapia nel mio Studio.