Siamo tutti viaggiatori nel tempo, la nostra mente è una macchina meravigliosa che ci permette di “vedere” i momenti più significativi (belli e brutti) della nostra esistenza. Secondo uno studio dell’ Università di Harvard (Killingswoth e Gilbert, 2010), le menti delle persone divagano per un terzo del tempo, cioè non pensano a quello che stanno facendo, ma ad altro. A cosa pensano allora le persone? La mente, se lasciata libera di vagare, pensa per la maggior parte del tempo a eventi futuri.
Un pregiudizio diffuso relativamente alla nostra attività mentale è quello che sia predisposta a viaggiare nel passato, invece molte delle nostre risorse cognitive sono dedicate a immaginare futuri possibili, a pensare situazioni probabili o addirittura estremamente improbabili. Ma si tratta di una perdita di tempo? Claudia Hammond, nel libro “Il mistero della percezione del tempo”, suggerisce che divagare con la mente è anzi una capacità molto utile: aiuta a programmare certe eventualità future creando dei “ricordi di eventi non avvenuti” cui possiamo ricorrere quando e se ne abbiamo bisogno. Si tratta di un’abilità mentale spontanea, che non richiede alcun addestramento, ma che può essere un interessante spunto di riflessione anche per noi psicoterapeuti. Quante volte abbiamo immaginato insieme alle persone nei nostri studi dei futuri improbabili o del tutto folli? Quante volte il benessere di una persona era letteralmente inimmaginabile, bloccato, incastrato in un presente troppo ingombrante?